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Possedimenti > Territori Indipendenti > Le Tribù barbare
I Vatski sono un popolo di stirpe antaliana che abita le valli del Norwold centro-meridionale. Essi vivono da secoli nelle ampie vallate acquitrinose e boscose dei fiumi Ransarn e Vinisk, che si dipartono dal grande Lago Gunaald, protetti dalle alte vette dei monti che li separano dagli Heldannesi. A nord, le terre abitate dai Vatski includono le larghe valli che separano i Monti Testa di Drago dal resto della Catena dei Denti del Drago, limitate ad est dai Monti Pendice Ferrosa e a nord dalle creste della Falce Sanguigna e della Corona Forata. Ad ovest, diversi clan vivono oltre il tratto del fiume Ransarn che collega il Lago Gunaald col Azzurro, ma nessuno si spinge normalmente al di là delle foreste che danno accesso all’Altopiano Denagothiano da nord.
I Vatski discendono da un ramo da un’antica popolazione indigena, i Vantaliani, sostanzialmente un ramo dei più diffusi Antaliani, che costituirono la loro civiltà nel Norwold millenni fa. In quel tempo, i Vantaliani vivevano nell’entroterra del Norwold centro-meridionale e si erano già diversificati culturalmente rispetto agli Antaliani: avevano sviluppato un proprio dialetto ed ottime capacità come cacciatori ed indomiti combattenti; poiché si trovavano lontani dalle coste, avevano rivolto le abilità nautiche proprie del loro lignaggio alla navigazione fluviale e lacustre. Essi erano un popolo semi-nomade, diviso in tribù che si spostavano saltuariamente da zona a zona, ed erano temutissimi in battaglia dagli stessi Antaliani delle coste, soprattutto per la furia sanguinaria con la quale attaccavano i nemici.
Quando l’invasione della Grande Orda di Re Loark colpì il Norwold verso il 1700 PI, i Vantaliani, trovandosi più a sud dei loro cugini Antaliani, ebbero più tempo per prendere provvedimenti contro il fiume di morte e distruzione che l’orda umanoide lasciava dietro di sé. Alcune tribù, prese dal panico, decisero di abbandonare il Norwold: così fecero, fra gli altri, i Vatli, che si diressero verso sud, nelle Terre del Nord, e gli Yevo, che invece oltrepassarono a nord l’Altopiano Denagothiano, sperando di trovare scampo nel Brun centrale. Molte altre tribù, che non erano disposte ad abbandonare le loro dimore, decisero tuttavia di ritirarsi nelle vallate incuneate fra le alte montagne del Norwold centrale, dove dimoravano i temuti draghi, e resistere colà alla furia degli invasori – o morire nel tentativo.
Fortunatamente per i Vantaliani, Re Loark, ascoltando le voci che parlavano delle più ricche terre del Mondo Conosciuto, decide di dirigersi lentamente verso sud, devastando le coste del Norwold lungo il cammino, ma senza rischiare troppe perdite nel dispendioso stanamento dei Vantaliani dalle loro valli (e soprattutto quando la prospettiva era quella di un magro bottino e di incontri con i grandi draghi delle montagne). Negli undici anni in cui gli umanoidi imperversarono nel Norwold, i Vantaliani dovettero sì sostenere degli attacchi, ma il timore dei draghi e la loro stessa tenacia tennero a bada la maggior parte delle scorrerie.
Furono nondimeno tempi durissimi per questo popolo. La rigidità degli inverni e la scarsità di risorse presenti nelle vallate – unite alle perdite che i Vantaliani subivano fra le generazioni più giovani a causa delle guerre continue – pretese un pesante tributo dalla popolazione vantaliana, e le bestie feroci ed i predatori fecero il resto. Dopo alcuni decenni la popolazione vantaliana era decimata, e si trovava a dover combattere quotidianamente per la sopravvivenza contro i suoi vicini umani, umanoidi e draconici.
Avendo perso ogni vestigia della loro passata civiltà, i Vantaliani progressivamente una propria cultura, barbarica, feroce e spietata, come si addiceva ad un popolo costretto a lottare giorno per giorno per la propria vita. Nelle vallate del Norwold essi col passare dei secoli perpetuarono il loro stile di vita semi-nomade, cacciando nei boschi e nelle pendici dei monti, costruendo temporanee dimore di legno e pescando nei profondi laghi e fiumi di queste regioni. Ma a questi tratti ancestrali si aggiunsero la passione per la guerra e per il bottino, l’aggressività e l’avversione per gli altri popoli. I Vantaliani svilupparono anche il loro dialetto in una vera e propria lingua, che si differenziò definitivamente dalla vecchia, e cominciarono a chiamare se stessi Vatski (che nella loro lingua significa “Gente delle Valli”). Divisi in molti clan e tribù, i Vatski divennero un popolo feroce e bellicoso, i cui membri erano costantemente in lotta fra di sé per la sopravvivenza, e ai popoli stranieri divennero presto noti come gente selvaggia e crudele.
Nei secoli seguenti la fondazione dell’Impero Thyatiano (0 DI), i Vatski ebbero scarsi contatti con le popolazioni che vivevano oltre i loro territori. Le loro tribù e clan preferivano combattere fra di loro e contro i mostri e gli umanoidi delle terre selvagge piuttosto che attaccare i popoli vicini. Le imprese imperiali dirette alla conquista del Norwold non li toccarono per nulla; d’altro canto essi ebbero i primi contatti con la gente heldannese che cominciò a stabilirsi nel Norwold meridionale a partire dal I-II sec. DI. Questi “contatti” ebbero inizialmente la forma di scontri e scorrerie, ma dopo qualche tempo si stabilizzarono anche rapporti commerciali fra i due popoli.
Il contatto con la civiltà sedentaria degli Heldannesi e, successivamente, con il Regno di Essuria (sull’Altopiano Denagothiano) attraverso il fiume Vinisk, ebbe un altro effetto importante sui Vatski, ovvero influenzarli ad adottare quello stile di vita. A partire dal VII sec. DI, i Vatski del sud cominciarono ad abbandonare progressivamente le loro usanze semi-nomadi e ad eleggere a sedi fisse piccoli villaggi che essi andarono costruendo, iniziando a disboscare alcuni tratti di foresta e a coltivare la terra. Sulla scia dei paesi del sud, fra di loro scemarono progressivamente le identità tribali, sostituite da quelle di “clan” legati piuttosto alla zona dove si erano stanziati. Fra i Vatski emerse inoltre un ceto di proprietari terrieri – evolutosi dai vecchi capotribù e dai nuovi capoclan – che divenne il vero detentore del potere: il ceto dei cosiddetti “boiari” (bojar, ovvero “signori della guerra”), i cui membri si eressero a poco a poco a signori nobiliari assoluti dei loro domini e ad arbitri della vita dei loro sudditi. Dotati di vasti seguiti armati, questi boiari muovevano guerra sia ai propri simili sia agli Heldannesi ed alle altre popolazioni del Norwold, per accrescere il proprio potere e la propria ricchezza. Nel corso dei secc. VIII e IX DI alcuni di loro riuscirono addirittura a farsi riconoscere sovrani (vajda) da altri boiari, e crearono potentati di breve durata, che crollarono o si frammentarono alla loro morte.
Questa tendenza alla sedentarizzazione dei Vatski e alla formazione di una à terriera estesa attorno ad un ceto signorile non ha mai avuto luogo fra i Vatski del nord; a nord dei Monti Testa di Drago le tribù vatski continuano a praticare ancor la loro vita semi-nomade, vivendo come avevano sempre vissuto.
Oggi, la stragrande maggioranza delle terre dei Vatski è stata rivendicata da Re Ikkyu e dal suo Regno del Norwold. Sebbene ostili all’idea di un dominio straniero sui loro possedimenti, i boiari hanno preferito diventare sudditi di questo debole re che ha scarso controllo sulle loro terre, piuttosto che attirarsi contro una campagna militare delle armate alphatiane. Alcuni potenti boiari, come i signori di Vyolstagrad e Stamtral, hanno persino ottenuto da Ikkyu titoli nobiliari alla maniera Thyatiana. Questo non ha affatto fermato le rivalità fra i boiari, che continuano a macchinare costantemente l’uno ai danni dell’altro. L’avvento di Ikkyu, come è facile comprendere, ha avuto ancor meno presa sulle tribù semi-nomadi del settentrione, che l’hanno integralmente ignorata e sono solite spingersi persino al saccheggio delle terre occupate dagli altri popoli del Norwold o dai feudatari del re.
Aspetto
I Vatski sono un popolo di gente alta e dalle ossatura imponente; tendono ad avere fattezze più pronunciate, capelli di vario colore (le chiome rosse e bionde sono altrettanto frequenti di quelle nere) e carnagione leggermente olivastra. La forma dei loro occhi, solitamente di colore chiaro, tende ad essere un po’ più sottile di quella dei Norseni, forse un segno di antichi incroci della loro razza con certe stirpi neathar. Gli uomini, in particolare quelli delle tribù semi-nomadi, in genere si radono la testa del tutto o in parte, raccogliendo gli eventuali capelli rimasti in lunghe code o chiome legate con legacci; i maschi inoltre si fanno crescere lunghi baffi che scendono fin sotto il volto, mentre la barba è considerata una prerogativa dei nobili e dei capotribù. Le donne solitamente tengono i capelli lunghi e sciolti.
I Vatski maschi amano coprirsi il corpo di tatuaggi e pitture, alle quali assegnano un significato spirituale e mistico. Figure stilizzate di animali, simboli di divinità o pittogrammi allegorici sono le immagini più gettonate. In battaglia, la vista di una banda di feroci Vatski infuriati ed urlanti così agghindati è spesso terrificante per il nemico. L’usanza dei tatuaggi e delle pitture corporee è lentamente caduta in disuso presso i Vatski sedentari, solo alcuni – solitamente i maggiori capi guerrieri o quelli provenienti dalle zone più isolate – la adottano nel momento in cui sanno di dover affrontare una battaglia.
Gli uomini vatski si vestono semplicemente, con camicie di stoffa pesante e pantaloni di pelle, abbinati a scarpe di cuoio e stivali di pelliccia, e ad un giustacuore di pelliccia durante i mesi più freddi. Molti portano anche un , una sorta di berretto di stoffa nei mesi più tiepidi, di pelliccia in quelli più rigidi. Le donne vestono altrettanto semplicemente, indossando una lunga tunica con le maniche, di stoffa molto spessa nei mesi invernali, più leggera in quelli estivi. Gli abiti vatski sono solitamente di colore bianco, grigio, marrone e verde scuro per entrambi i sessi. Quando sopraggiunge l’inverno, i Vatski indossano pesanti pellicce di orso, di lupo o di castoro. I boiari tendono ad indossare gioielli di vario tipo (perlopiù collane, bracciali ed anelli), abiti di fattura migliore con ricami elaborati e pellicce e cappelli fatte con le pelli degli animali più pregiati ed adorni delle penne degli uccelli più belli.
Fra le tribù vatski semi-nomadi, la gente tende a vestire un po’ meno pesantemente, nonostante il freddo clima delle valli in cui vivone. Quei guerrieri che si vantano di non indossare armature in combattimento o quando si recano a caccia in genere viaggiano nei mesi più tiepidi a torso nudo, mostrando orgogliosamente i loro tatuaggi e le loro pitture corporee. Nei mesi invernali, invece, essi indossano le pesanti pellicce dei loro cugini meridionali, adorne di trofei di ogni tipo – denti ed ossa di animali, code di procioni, penne di uccelli.
In guerra, i Vatski impugnano spade lunghe, mazzafrusti leggeri, asce a due mani e lance, nonché svariate ed elaborate armi lunghe simili ad alabarde, dotate di svariati uncini, punte e lame; fra le armi da tiro prediligono gli archi compositi. Le tribù semi-nomadi del settentrione usano anche terribili mazze e clave uncinate fatte d’osso e di legno, con punte di ferro, nonché guanti chiodati o dotati di lame; oltre all’arco, i guerrieri a piedi sono soliti usare anche i giavellotti. I Vatski non fabbricano armature troppo pesanti: la maggior parte dei guerrieri si reca in battaglia indossando corazze imbottite, di cuoio, di pelle, di cuoio borchiato o dotate di aggiunte di piastre metalliche (assimilabili a corazze di scaglie); i guerrieri più facoltosi portano cotte di maglia (non sempre complete, solitamente si tratta di giachi e camagli soltanto) ed anche corpetti di bande metalliche. Gli scudi sono di legno (rinforzati con borchie di ferro), e vanno dalle dimensioni piccole a quelle molto grandi, capaci di schermare quasi una persona intera. Molto usato è l’elmo, che di solito consiste in un cappello di cuoio o di pelliccia, oppure di ferro dotato di punte e foderato sempre di cuoio o di pelliccia. Molti guerrieri delle tribù settentrionali si recano in battaglia addirittura privi di protezione. Una caratteristica comune di tutte le armi e le armature vatski è il loro aspetto: essi sono soliti fabbricarle irte di punte, sia per aumentare il timore nei nemici che li vedono, sia perché nei combattimenti corpo a corpo che i Vatski sono soliti ingaggiare, queste aggiunte possono essere utili per ferire l’avversario.
Cultura e stile di vita
Non si può realmente parlare di uno stile di vita unitario dei Vatski, ma più si deve intendere questo popolo come diviso in due grandi gruppi: quello sedentario meridionale e quello semi-nomade settentrionale. Sebbene i due gruppi si considerano entrambi appartenenti alla stessa razza, al loro interno non sono affatto omogenei e non esiste niente di simile ad un’identità di popolo vatski. Ogni tribù è quasi un popolo a sé stante ed ogni boiaro si preoccupa dei suoi interessi soltanto: per questo quei pochi tentativi di unificazione avvenuti nell’ambito della cultura vatski nel passato sono andati in fumo in breve tempo, poiché nessuno fra i Vatski ritene di dover alcuna lealtà ai suoi simili, se non nell’ambito del proprio gruppo di sopravvivenza (la famiglia, il clan, la tribù o il signore).
Le tribù semi-nomadi
Le tribù vatski che vivono a nord dei monti Testa del Drago e ad ovest del tratto del fiume Ransarn che collega il Lago Gunaald col Lago Azzurro hanno conservato uno stile di vita più tradizionale. Questa gente è divisa in grosse tribù di 500-2.000 membri, che sono a loro volta divise in più clan comprendenti gruppi familiari estesi; ogni tribù è comandata da un knyaz (“capotribù”, che è in genere il capo del clan più grosso), ogni clan da un hospad (“capofamiglia”). Una tribù occupa un territorio relativamente esteso, ed ogni clan vive in una zona separata rispetto agli altri, seppur in genere entro qualche chilometro ed in contatto con essi.
Ogni clan si autogestisce sotto la guida del proprio hospad: questi stabilisce tutte le attività principali del clan e ne amministra la vita e la giustizia in modo pressoché assoluto. È possibile per un membro del clan appellarsi al knyaz della propria tribù contro le decisioni del hospad, ma se il primo poi stabilisce che lo hospad aveva ragione, il colpevole viene affidato nuovamente al hospad, che in genere lo punisce in modo esemplare per aver messo in dubbio la propria autorità.
Contrariamente a quanto si può pensare, l’autorità del knyaz della tribù è molto forte. Egli stabilisce tutti i movimenti della tribù, decide il territorio di stanziamento e l’eventuale ripartizione dei clan all’interno di esso. Inoltre il knyaz ha il potere di convocare i guerrieri di tutta la tribù e guidarli in battaglia: è a lui che tutti gli hospad devono obbedienza in ogni occasione, ed è lui soltanto che può rovesciare i loro verdetti. Un hospad può mettere in discussione le decisioni del suo knyaz solo sfidando in duello lui o un campione da questi scelto. Se il knyaz o il suo campione viene battuto, il perdente viene esautorato dal suo ruolo e gli hospad si riuniscono per eleggere un nuovo knyaz; il knyaz sconfitto può comunque partecipare a questa decisione (anche se è ovviamente impossibile per lui essere mai più rieletto a capo della tribù). Gli sciamani tribali hanno un enorme peso nel determinare chi sarà il nuovo knyaz.
Ogni knyaz è attorniato da un vojnik (“guardia”), cioè da un gruppo di guerrieri scelti della tribù che lo affianca e protegge. Il vojnik è formato dai migliori guerrieri di un clan e di una tribù, e fra di essi i knyaz scelgono i loro campioni e consiglieri; far parte del vojnik è un grande onore per un guerriero vatski.
L’ereditarietà significa poco per la tribù vatski: il miglior guerriero membro del vojnik o il più forte fra gli hospad di una tribù è in genere colui che viene scelto a capo della stessa come knyaz. Questo principio d’altronde non vale per gli stessi hospad e per le comuni famiglie vatski: se un capofamiglia od un hospad muore o rassegna il suo ruolo per vecchiaia o incapacità, la sua responsabilità passa invariabilmente al maggiore dei suoi discendenti maschi (o alla maggiore delle femmine se non ha discendenti maschi); se l’hospad muore senza eredi (un’eventualità abbastanza rara), è il knyaz della tribù a determinare chi sarà il nuovo capo di quel clan.
Le attività tribali
I Vatski vivono in grosse strutture di legno, coperte di pelli e pellicce; l’accampamento di un clan può sembrare un piccolo villaggio, tanto da includere un edificio centrale usato come sala comune per le riunioni del clan, recinti per gli animali e così via. Nei luoghi più pericolosi, i Vatski circondano i loro accampamenti con trappole di vario tipo, e talvolta addirittura con una bassa palizzata di legno.
Le attività di una tribù vatski variano a seconda del periodo dell’anno. Durante l’inverno i clan rimangono fermi ai loro accampamenti, comunicando saltuariamente gli uni con gli altri, effettuando le cerimonie religiose richieste dai loro sciamani, mantenendo i figli ed il bestiame e praticando le attività artigiane: la fabbricazione delle armi e delle corazze, dei vestiti e degli utensili. Durante l’inverno hanno luogo poche battute di caccia – il tempo ed i predatori tendono ad essere molto pericolosi; negli ultimi decenni, tuttavia, l’avanzare della civiltà nel Norwold ha indotto alcune tribù vatski a divenire più aggressive: non è impossibile che qualche knyaz ambizioso raduni i suoi guerrieri in pieno inverno per attaccare altri insediamenti stranieri (che sono ritenuti più inermi durante l’inverno).
In primavera ed estate, quando la neve si scioglie, la natura torna a rifiorire e gli animali a percorrere il territorio, i cacciatori vatski si mettono in movimento, recandosi a far bottino per la propria tribù – non solo con la caccia, ma anche attaccando gli altri insediamenti e clan appartenenti ad altre tribù. Per questo un buon contingente di guerrieri resta sempre a difesa dell’accampamento del suo clan. I guerrieri stanno via qualche settimana, ma talvolta la loro assenza può durare mesi; se la stagione di caccia è ancora aperta al loro ritorno, un’altra di guerrieri può partire al posto loro. Se i guerrieri non fanno ritorno entro l’inverno inoltrato, il clan li considera in genere morti.
Il bottino di una scorreria o di una battuta di caccia viene in genere equamente diviso fra i guerrieri che hanno partecipato ad essa. Un quinto di quello che viene ottenuto dev’essere consegnato al hospad; questi, a sua volta, deve inviare a fine stagione un decimo di quello che ha ottenuto al knyaz. Ovviamente un knyaz non ha modo di sapere quanto un hospad ha guadagnato, e quindi se si sta comportando in modo onesto oppure no; tuttavia, siccome c’è sempre il rischio che un knyaz arrabbiato o isospettito scagli contro un clan il resto della sua tribù, gli hospad cercano di rispettare le spartizioni tradizionali.
I Vatski allevano cavalli – soprattutto nelle vaste vallate a nord della Testa del Drago –, capre, maiali e bovini. I cavalli sono particolarmente pregiati per la loro relativa scarsezza e la loro utilità in battaglia. I Vatski allevano anche i cani, sia come compagni di caccia, sia come animali da traino.
Una tribù vatski tende a restare nella stessa zona finché non viene costretta a muoversi dalle decisioni del suo knyaz, da nemici troppo forti o numerosi o dalla scarsità di risorse – il che può voler dire anche anni. Se deve muoversi, i suoi membri smontano l’accampamento portandosi dietro solo il necessario delle strutture (perlopiù le pellicce) e le loro proprietà; tutto quanto viene montato su carri a due ruote (trainati da uomini o animali), su slitte (se si è in inverno), su cavalli e sulle spalle. Spesso i movimenti di una grossa tribù causano scontri con le tribù vicine, ed è per questo che essi in genere preannunciano un periodo di guerre intestine fra i Vatski.
Pochi Vatski hanno tempo per le attività che le altre culture umane chiamano “arte”. È certo che le ballate vatski possono rivaleggiare con le canzoni e le storie norsene, ma esse suonano inevitabilmente brutali e rozze alle orecchie straniere – quasi come quelle cantate dai goblin e dagli orchi. La pratica dei tatuaggi e delle cicatrici rituali è considerata barbara dalla maggior parte delle culture umane – compresi i Vatski sedentari del sud –, sebbene presso i Vatski tribali coloro che ne sono marchiati siano tenuti in grande stima e onore. I Vatski restano un popolo pratico, che disprezza le frivolezze e trova soddisfazione solo nel corso della sua lotta per la sopravvivenza e nella sconfitta dei suoi nemici. Persino presso i Vatski sedentari del sud le forme d’arte delle culture del Mondo Conosciuto appaiono decadenti e inutili.
La giustizia tribale
Fra le tribù vatski la giustizia è rapida e spietata. L’autorità di un knyaz o di un hospad non dev’essere discussa ed ogni affronto in questo senso viene punito con la morte, così come l’omicidio di un membro della propria tribù od il furto ai danni di un capoclan o di un capotribù. Parimenti, gli altri tipi di furto, la codardia in battaglia e l’adulterio femminile sono gravi motivi di disonore, che la confisca da parte del hospad di tutte le proprietà del colpevole e l’esilio di quest’ultimo dal clan dopo essere stato marchiato in qualche modo (di solito con un tatuaggio, una menomazione o una bruciatura) che ne mostri il disonore a tutti i Vatski che incontra. Le sentenze di morte vengono eseguite bruciando vivo il colpevole, impiccandolo o sgozzandolo. Talvolta, quando non si è certi circa la colpevolezza di un soggetto, si adotta questa pratica: sotto la scorta dei guerrieri della tribù, il presunto reo viene abbandonato (legato o stordito) in una delle vallate rocciose che si ritengono abitate dai draghi; se egli riesce a ritornare vivo alla sua tribù, l’accusa viene sollevata ed egli è considerato innocente, in quanto graziato dal fato; inutile dire che, nella maggior parte dei casi, il malcapitato muore divorato o di stenti.
Presso le tribù vatski è usanza catturare prigionieri durante le scorrerie. Questi disgraziati diventano proprietà di chi li ha catturati (o del hospad se lo schiavo gli viene consegnato come parte della sua quota di bottino) vengono usati per compiere i lavori più umili, come servitori e come concubine. Essi vengono fatti dormire fuori dalla capanna del loro proprietario – nel migliore dei casi coperti da pellicce o, in inverno, in una capanna apposita assieme alle bestie più pregiate (cani, cavalli, ecc.). Quando il padrone non è presente, lo schiavo viene incatenato ad un palo conficcato a terra con un collare di ferro ed una catena, altrimenti segue il suo padrone ed è sempre riconoscibile a chi appartiene grazie ad un simbolo che indica il suo proprietario, inciso sul collare stesso. Molti schiavi solitamente non resistono oltre qualche inverno, e muoiono di freddo o di stenti.
La famiglia ed i figli
Nella cultura tribale dei Vatski esistono opportunità per entrambi i sessi, a patto che gli individui in questione riescano a superare le ardue prove e ad evitare le improvvise discese che essa pone loro di fronte. Sia gli uomini che le donne possono diventare guerrieri, sciamani e capi del popolo vatski. I giovani si sposano presto, verso i 14-16 anni, e cominciano altrettanto presto a generare figli; il matrimonio può avvenire soltanto fra due membri della stessa tribù: la donna entra a far parte del clan del marito, il cui clan versa una dote a quello della moglie (per compensare la perdita di un membro di esso). Non esiste lutto obbligatorio fra i Vatski: se un uomo o una donna restano vedovi, è auspicabile che essi si risposino al più presto, non appena riterranno che il loro dolore per la perdita sofferta è scemato. Non sono permessi matrimoni né con membri di altre tribù, né con stranieri; è tuttavia consentito il concubinaggio maschile: un uomo, anche se può essere sposato con una sola donna, può tenere una sorta di “harem” personale, che deve lui stesso mantenere. Le donne dell’harem devono obbligatoriamente essere straniere o appartenere ad altre tribù (sono perciò solitamente sue schiave), ed i figli che generano apparterranno al clan del loro Alle donne non è consentito questo tipo di pratica; anzi, ogni loro rapporto sessuale al di fuori del vincolo matrimoniale viene considerato adultero e punito molto severamente (vedi ‘La giustizia tribale’, sopra); se una donna non è tuttavia sposata, tale pratica non è punita, ma guardata con disprezzo e considerata disonorevole per la famiglia, poiché i figli che una donna ha da un uomo che non è membro della tribù sono considerati dei bastardi, e per far sì che tale pratica sia scoraggiata si cerca di indurre una coppia di Vatski della medesima tribù che ha avuto figli al matrimonio.
Ai figli di una tipica coppia vatski, indipendentemente dal loro sesso, si insegna a combattere e sopravvivere fin dalla più tenera età. Dal momento che la maggior parte dei genitori non si aspetta che tutti i figli sopravvivano fino all’età adulta, né che loro stessi sopravvivano per vedere la giovinezza e l’adolescenza dei propri eredi, essi cercano di educarli più presto che possono. Un bambino vatski che si rivela lento ad apprendere rapidamente verrà trascurato in favore dei figli più promettenti. Ciò nonostante, i Vatski non trattano i propri figli con brutalità non necessaria. I Vatski amano le loro famiglie con una ferocia eguagliata soltanto dalla relazione che ha la lupa coi suoi cuccioli. I genitori vatski riconoscono la pericolosità della terra in cui vivono e la durezza della loro cultura, e cercano di educare i figli affinché sopravvivano ad entrambe.
I figli maschi e femmine imparano a contribuire alla difesa della famiglia, del clan e della tribù prima di qualunque altra cosa. Essi diventano abituati alla morte ed alla distruzione fin dalla più tenera età, e pochi figli vatski crescono fino all’adolescenza in compagnia di entrambi i loro genitori naturali. Gli orfani diventano una responsabilità della tribù e sono spesso accolti nelle famiglie che hanno perso dei figli.
Quei ragazzi e ragazze che mostrano una particolare predilezione per la violenza vengono addestrati come guerrieri del clan e della tribù; l’aspirazione di un giovane vatski è solitamente quella di riuscire a far parte del vojnik. La maggior parte dei giovani che si addestrano come guerrieri fallisce nel tentativo di diventare membri del vojnik, e, se maschi, vanno ad aumentare i ranghi dei cacciatori e dei guerrieri del clan e della tribù, se femmine, a ricoprire ruoli legati alla tutela della famiglia. Nondimeno, sia gli uomini che le donne continuano per tutta l’età adulta a far pratica con ogni arma che riescono a trovare e fabbricare, il che significa che la maggior parte dei membri di una tribù vatski è comunque in grado di respingere un pari numero di soldati di professione in uno scontro alla pari. I giovani che superano le iniziali prove previste per i membri del vojnik passano in genere variati anni di apprendistato a fungere da guerrieri presso gli hospad di altri clan della tribù, assistendoli durante le scorrerie e le dispute territoriali. Coloro che sopravvivono e si distinguono ottengono un ulteriore addestramento da parte dei membri del vojnik e diventano guerrieri di sostegno ad esso; con un po’ di fortuna, diventeranno poi membri del vojnik a tempo Gli altri continuano con ruoli di sostegno agli hospad o ritornano a vivere nel proprio clan.
Sulle femmine grava l’ulteriore peso della perpetuazione della tribù. L’alto tasso di mortalità fra i Vatski richiede un tasso di natalità altrettanto alto. La maggior parte delle donne, se non mostrano un immediata attitudine per la guerra o per qualche altra necessaria funzione sociale, vengono indotte a servire i necessari bisogni sociali, producendo figli. Una volta che una donna vatski ha dato alla luce un figlio sano, ella viene incoraggiata ad espandere la propria famiglia. Generare figli robusti è infatti considerata un’arte assai più preziosa di quella di diventare guerrieri competenti.
I domini dei boiari
L’altra metà dei Vatski, quelli che vivono nelle zone centro-meridionali del Norwold, praticano uno stile di vita del tutto diverso da quello dei loro cugini del nord. I Vatski che abitano le rive dei laghi Gunaald e Azzurro, le ampie vallate dei fiumi Ransarn e Vinisk e le pendici montane circostanti, sono sedentari e quasi “civili” agli occhi dei popoli del Mondo Conosciuto – o comunque meno selvaggi. Il contatto con la civiltà heldannese ed essuriana ha modificato il vecchio stile di vita di questi Vatski, mettendo in crisi le identità di clan e tribù e trasformandole in qualcosa di nuovo.
Con lo stanziamento definitivo delle tribù, il ruolo degli hospad è andato diminuendo di importanza, finendo per essere relegato a quello di semplice capofamiglia o capo di un villaggio. Viceversa, gli knyaz ed i membri del vojnik tribale, poi denominati vajda (“comandanti”), hanno fatto valere i loro diritti di capi e signori della guerra, ed ora formano un’importante aristocrazia di latifondisti. Grazie alla tradizionale spettanza ai knyaz di una parte dei proventi della tribù e sfruttando l’alleanza coi vajda, la principale forza guerriera, i nuovi “nobili” si sono arricchiti a spese degli hospad e dei sudditi, molti dei quali, nel corso dei secoli, sono stati costretti a vendere ai nobili le loro terre e a lavorare per loro. I vajda, ricompensati dai knyaz o ritagliatisi autonomamente un dominio con la forza, sono divenuti una specie di piccola nobiltà di “cavalieri”. Oggigiorno la piccola proprietà nelle terre dei Vatski sedentari è pressoché scomparsa: i knyaz e, sotto di loro, i vajda, sono i veri signori del paese. I più ricchi e potenti fra questi aristocratici assunsero qualche decennio dopo l’epoca dello stanziamento delle tribù il titolo di bojar (“capi guerrieri”) ed oggi il ceto dei “boiari” – comprendente i vari knyaz – possiede la maggiore estensione terriera in queste regioni.
Ogni knyaz è una sorta di “barone” agli occhi degli stranieri: egli possiede un dominio più o meno vasto, la maggior parte del quale è direttamente di sua proprietà; il resto è nelle mani del ceto piccolo-nobiliare dei vajda, salvo piccoli appezzamenti ancora in mano a fortunati agricoltori liberi. I vajda prestano obbedienza al knyaz, lo servono come funzionari e consiglieri, oppure come cavalieri ed ufficiali in guerra. I boiari, dal canto loro, governano in modo pressoché autocratico le loro terre, disponendo dei sudditi come meglio credono.
Sebbene esista un titolo regio fra i Vatski (kar), esso è stato assunto solo di rado durante gli ultimi due secoli di storia vatski da boiari ambiziosi e potenti, che sono riusciti a ritagliarsi un regno sottomettendo con la forza i loro vicini. I loro regni non sono durati più della loro vita, in ogni caso, e lo scarso sentimento di unità del popolo vatski, abbinato alla rivalità fra i boiari – ognuno dei quali vorrebbe diventare kar ma non vuole che altri lo diventino, contribuisce a far sì che tale titolo sia caduto completamente in disgrazia presso i Vatski; non a caso, essi designano con tale titolo re Ikkyu.
La vita di signori e contadini
I domini dei boiari sono molti, ed ognuno ha un’estensione e caratteristiche sue proprie. Per molti stranieri che vengono dai domini del sud o dell’est, queste “baronie” appaiono misere e primitive se confrontate coi loro grandi castelli e le loro soleggiate tenute, ma qui, all’ombra delle grandi foreste e delle alte montagne del Norwold, sono quanto di meglio un boiaro possa sperare di desiderare. In genere la tenuta di un knyaz include 2.000-10.000 chilometri quadrati di terre, sebbene ve ne siano alcune anche più grandi; al loro interno, sono sparsi piccoli villaggi di contadini, pescatori, cacciatori e boscaioli, ognuno dei quali conta in genere non più di 500 abitanti. Una parte di queste terre appartiene alla piccola nobiltà dei vajda, che in genere si trovano in numero di 5-50 per dominio, i quali sono proprietari di terre più piccole e sono vassalli del knyaz, al quale versano un quinto dei loro proventi.
I boiari ed i vajda signoreggiano in modo assoluto sui loro sudditi, che sono pressoché privi di diritti. Appoggiati dalle loro consorterie armate, i nobili obbligano i sudditi a lavorare le loro terre come servi, prendendo per sé gran parte del ricavato. Solo i rari contadini che posseggono terre proprie se la passano meglio, ma sono talvolta costretti a sopportare le offese e le minacce dei boiari senza scrupoli, desiderosi di impadronirsi delle loro proprietà.
La vita nei villaggi è abbastanza grama: la gente vive in piccole casupole di legno costituite spesso da un’unica stanza, e talvolta assieme agli animali domestici; stalle e recinti ospitano il bestiame (capre, maiali, pollame e bovini). I sudditi di entrambi i sessi lavorano tutto il giorno la terra, pascolano le bestie, pescano, cacciano o raccolgono legna e frutta, cercando di guadagnare abbastanza per sopravvivere. Una volta al mese i soldati del boiaro o del vajda passano da loro a riscuotere i tributi in natura; quelli che non possono pagare sono spesso uccisi o cacciati dalle loro terre, perciò molti fanno buon viso a gioco. Ogni villaggio deve pagare una quota fissa al boiaro, perciò i sudditi si sforzano di produrre abbastanza per soddisfare la richiesta, in modo che rimanga altrettanto anche per loro; tuttavia, in certi inverni, non sempre è possibile far fronte alle tasse – e non tutti i boiari si mostrano indulgenti in queste situazioni. Tutta la gente capace di impugnare le armi in un villaggio sa anche combattere; i Vatski che vivono in queste terre pericolose addestrano fin da piccoli i giovani di entrambi i sessi a difendere se stessi ed i loro cari, e tengono un’arma di qualche tipo quasi sempre al loro fianco; in altre parole, la milizia di un villaggio vatski può essere temibile anche per un esercito regolare, se sottovalutata.
I boiari conducono una vita molto migliore dei loro sudditi; essi vivono in piccole rocche e castelli di legno e pietra, assieme alle loro famiglie e, spesso, a quelle dei loro vajda – che costituiscono la loro corte. Ogni boiaro è servito da un certo numero di cortigiani, nonché da uno stuolo di armati che pattugliano le campagne, riscuotendo le tasse, uccidendo i mostri e catturando i criminali. Sia i cortigiani che gli ufficiali degli armati sono scelti fra le famiglie dei vajda, e serviti a loro volta da soldati mercenari, servitù comune e anche schiavi. La maggior parte di questi servitori liberi riceve uno stipendio dal suo signore, perciò conduce una vita relativamente dignitosa rispetto ai contadini.
Le famiglie vatski sono piuttosto simili a quelle dei paesi più “civilizzati”; sono patriarcali, guidate da un capo famiglia (hospad) e formate in genere da 5-10 membri. La maggior parte delle famiglie povere vive in un’unica stanza, mentre quelle più facoltose – escludendo le dimore dei nobili, che hanno le loro magioni – possono essere divise in due-tre stanze della medesima casa. Le giovani coppie si sposano verso i 16-18 anni e cominciano assai presto a generare figli; essendo caduti i vincoli tribali, fra i Vatski sedentari un uomo o una donna è libero di decidere con chi sposarsi, che sia vatski o straniero, ed anche l’usanza della dote si è trasformata – la sposa viene fornita di una dote, per metà versata dal marito, per metà dalla famiglia di origine (se il marito muore, l’intera somma va alla famiglia di origine). I nobili usano spesso il matrimonio per forgiare alleanze coi loro pari.
Matrimonio, schiavitù e giustizia
Per quanto riguarda il diritto ereditario esiste la primogenitura maschile; a meno che un uomo non decida altrimenti prima del momento della sua morte, l’intero suo patrimonio passa al suo figlio maschio maggiore, oppure, se non ha figli maschi, al suo parente maggiore più prossimo di sesso maschile. Solitamente, ma non è obbligatorio, vengono stabiliti dai nobili dei vincoli ereditari che obbligano un erede a mantenere o a fare certe concessioni ai suoi parenti prossimi (fratelli e sorelle).
L’usanza del concubinaggio persiste anche fra i Vatski sedentari; solo i più fra loro possono tuttavia permettersi di mantenere una moglie e svariate concubine. Contrariamente a quanto accade fra i Vatski semi-nomadi del nord, i figli che un uomo ha da una concubina non sono considerati eredi legittimi né parte della sua famiglia, ma bastardi a tutti gli effetti e quindi non è consentito loro ereditare alcunché (sebbene possano ricevere pensioni e sostentamento dalla famiglia del padre o della madre). Anche ad una donna non sposata è consentito avere un “harem”, ma anche in questo caso i figli generati dai suoi membri sono illegittimi e non possono ereditare – a meno che a posteriori la donna in questione non sposi il padre del figlio.
Anche la schiavitù continua ad essere praticata dai Vatski sedentari, al pari dei loro cugini nordici. Criminali condannati, prigionieri di guerra, gente indebitata e incapace di pagare vengono tutti ridotti in catene e messi a lavorare le terre del loro padrone. La gente comune solitamente non possiede schiavi o, se ne viene in possesso, li invia in pagamento come tassa al signore. I boiari e gli altri nobili in genere tengono schiavi sia per mansioni pesanti – lavorare i campi, ad esempio – sia per mansioni domestiche; gli schiavi adibiti a queste ultime in genere se la passano meglio dei sudditi del boiaro.
La giustizia viene solitamente amministrata dai boiari stessi oppure dai vajda, che visitano i villaggi di persona o per mezzo di delegati. Le decisioni dei nobili non sono appellabili per la gente comune. I colpevoli di furto vengono solitamente costretti a riparare il danno fatto ed a versare al nobile una multa pari all’ammontare rubato – se non sono in grado di pagare vengono ridotti in schiavitù; chi evade le tasse, si macchia di lesa maestà o mente ad un nobile viene frustato, multato, ridotto in schiavitù o ucciso, a seconda della volontà del giudice. Chi uccide viene punito con la morte e la sua famiglia (se esiste) deve risarcire la famiglia della vittima. Fuggire dal lavoro nelle terre di un nobile equivale ad evadere le tasse. Avere rapporti adulteri impone la confisca dei beni da parte del signore e l’esilio. I reati minori, come l’ubriachezza o suscitare risse vengono punite con frustate, giorni di lavori forzati o una multa.
Commercio e pionieri
Con la crescita dei villaggi e lo sviluppo di vie di comunicazione coi domini heldannesi del sud e lungo i grandi corsi d’acqua fino al Ghyr a sud-ovest e le coste della Grande Baia a nord, la società vatski ha sperimentato certi cambiamenti. In particolare, si è lentamente sviluppato un piccolo ceto di artigiani e commercianti che ha abbandonato i lavori rurali per dedicarsi alla fabbricazione di un prodotto, oppure agli scambi. Sebbene ancora scarsi di numero, questi individui hanno permesso la nascita nei villaggi di una serie di botteghe, magazzini, taverne, locande e servizi altrimenti sconosciuti alla gente del luogo, che hanno aperto queste regioni alla penetrazione di viandanti e merci straniere. Oggi più che mai, infatti, i domini dei boiari si tranno lentamente ma avviando sulla via della modernità. Per le principali vie di scambio che attraversano le loro terre i Vatski esportano prodotti alimentari della terra, carni e latticini, pesce, legname, pellicce e metalli (ferro, rame e poco oro), importando tessuti, tinture, argento, armi ed armature, birra e beni di lusso (stoffe pregiate, gioielli, ecc.). Alcuni villaggi, che sono divenuti centri di questo commercio, sono cresciuti notevolmente, e sono stati dotati di difese adeguate (in genere una palizzata, con torri di legno).
Non tutte le terre dei Vatski sono così abitate. Molte zone, come ad esempio la lunga e acquitrinosa valle del Vinisk, ospitano anche terre libere dal dominio dei boiari e dei vajda. I Vatski coraggiosi o desiderosi di fuggire dall’oppressione dei nobili possono ricominciare colà una nuova vita come pionieri, cercando di sopravvivere nelle terre selvagge e difendendo le loro famiglie dalle creature che vi dimorano. Alcuni di questi pionieri sono periti nel tentativo, ma altri cercano ogni anno fortuna nelle terre selvagge, fondando capanne e casupole sparse qua e là per il territorio.
Rapporti con gli altri popoli
I Vatski non godono di una buona reputazione fra i popoli del Norwold; la cultura spietata e barbarica delle tribù semi-nomadi del settentrione non contribuisce a darne un’immagine rosea o a renderli più avvicinabili da parte degli altri popoli. Le tribù semi-nomadi incrociano spesso le spade coi Norseni che abitano le zone a nord e a nord-est dei loro territori, scontrandosi spesso con le loro tribù e compiendo scorrerie gli uni a danno degli altri. Gli insediamenti che si trovano nella fascia costiera a nord di Oceansend sono il bersaglio preferito degli attacchi delle tribù vatski, che non temono di spingersi fin nelle terre controllate dai feudatari di Ikkyu. Le tribù semi-nomadi, infatti, hanno completamente ignorato la venuta di Ikkyu nel Norwold e la rivendicazione da parte del re delle loro terre, continuando a vivere come hanno sempre fatto. I feudatari ai quali verrà assegnato dal re il compito di portare ordine in queste regioni avranno qualche speranza di sopravvivere solo se si faranno rispettare dai Vatski con la forza delle armi; altrimenti soccomberanno alla natura selvaggia di questo popolo.
L’atteggiamento dei boiari vatski sedentari è ovviamente molto meno ostile ed aggressivo; questi nobili intrattengono soprattutto rapporti coi signori heldannesi del Norwold meridionale, e recentemente hanno cominciato la più assidua frequentazione dei feudatari di Ikkyu. I boiari, infatti, si sono formalmente sottomessi all’autorità del sovrano del Norwold, anche se sono molto restii a pagare le tasse richieste da Oceansend; essi confidano che l’autorità crolli in tempi brevi, e finché ciò non accade, continueranno ad indugiare e temporeggiare, cercando di consegnare al re meno denaro possibile e intrigando ai danni della corona. In ogni caso conoscono il costo ed i rischi di una sollevazione armata contro il re, e sono estremamente convinti che sia necessario evitarla.
Alcuni fra i più potenti boiari sono venuti a più stretti accordi con la corte Thyatiana, divenendo una specie di portavoce presso Ikkyu degli interessi dei boiari. Il più importante di questi boiari è senza dubbio Nevik di Vyolstagrad, che si è guadagnato la fiducia del re coi suoi consigli e che è stato insignito dal re col titolo di “duca”, al pari del suo acerrimo rivale, l’abile comandante militare Stano di Stamtral. Se da una parte alcuni boiari hanno capito l’utilità di un simile atteggiamento e guardano a Stano e Nevik come a due modelli, la maggior parte dei nobili vatski li disprezza perché si sono piegati al volere di una corte straniera, debole e lontana, e non si considera affatto rappresentata da essi presso il re.
Lingua
Sebbene siano divisi in gruppi e tribù che a malapena si riconoscono parte di uno stesso popolo, tutti i Vatski parlano la medesima lingua, il vatsko. Essa presenta comunque alcuni inflessioni e differenze a seconda della zona in cui viene parlata: ad esempio, il vatsko del nord è più puro e simile all’antica lingua vatski, mentre quello del sud contiene molti termini mutuati dall’Heldannese e dall’Essuriano. In ogni caso, seppur con qualche errore iniziale, due vatski possono sempre arrivare a comprendersi, dal momento che il vatsko è rimasto sorprendentemente uguale nelle sue linee essenziali nel corso dei secoli.
I Vatski semi-nomadi del nord hanno un atteggiamento sospettoso verso la scrittura e coloro che la usano. Essi ritengono che la lingua scritta sia un’invenzione di stregoni malvagi che la usano nei loro incantesimi, per indebolire e sconfiggere i coraggiosi guerrieri vatski. Gli sciamani tendono a perpetuare questo modo di vedere la scrittura e solo pochi Vatski, anche quando viaggiano in altre terre, imparano a scrivere ed a leggere di propria volontà. Salvo alcune rune e simboli usati per annotare valori numerici ed alcuni concetti di base, i Vatski semi-nomadi non hanno una lingua scritta che sia comparabile con quella delle altre culture umane. La maggior parte delle tribù vatski ha sviluppato comunque un complicato e raffinato sistema di pittogrammi che non ha eguali nel Norwold. Apparentemente primitivi, questi opisnada (“immagini del pensiero”) comunicano idee e concetti anche abbastanza raffinati, e sono diventati la base di una strana forma di magia sciamanica.
Oltre alla loro lingua parlata ed ai pittogrammi, molti guerrieri vatski conoscono anche un terzo modo per comunicare, noto come nembeseda (“lingua ”). Si tratta di un insieme di segni e gesti che rappresentano un segreto delle tribù Vatski e che pertanto viene custodito gelosamente ed usato con parsimonia. Fra le tribù, l’uso del nembeseda è una prerogativa dei guerrieri e tutti i non guerrieri che provano ad impararlo rischiano il taglio della lingua ad opera dei loro simili e la maledizione degli sciamani. Di conseguenza, molti Vatski non guerrieri o non conoscono l’esistenza della lingua silente, oppure si rifiutano di parlarne, persino fra di loro.
Presso i Vatski sedentari del centro-sud, l’evoluzione della lingua è stata molto diversa. Influenzati dalla cultura heldannese ed essuriana, i Vatski meridionali hanno adottato ben presto l’alfabeto thyatiano usato dagli Heldannesi, perdendo del tutto nel giro di qualche secolo l’utilizzo dei loro pittogrammi ancestrali, nonché delle forme di magia sciamanica ad essi connesse. Avendo perduto senso nella loro società la presenza di un ceto di guerrieri, anche il nembeseda è stato rapidamente dimenticato. Pittogrammi e lingua silente oggigiorno sono considerati entrambe vestigia di un passato primitivo, che continuano ad essere praticate solo dai Vatski barbari del nord.
Religione e magia
La religione dei Vatski deriva da una modificazione e semplificazione dell’antico culto antaliano; è anzi probabile che i Vantaliani stessi, antenati dei Vatksi, praticassero questo culto allo stesso modo in cui oggi lo praticano Normanni e Norseni. Molti elementi della mitologia antaliana ritornano in quella vatski, in particolare la presenza dei tre numi del fato, le Zorya, e di un grande albero che regge la dimora degli uomini e la sede degli dei. Oltre a svariate divinità, i Vatski riconoscono l’esistenza anche di un gran numero di spiriti degli elementi e della natura (laghi, fiumi, cascate, boschi, piante, vento, neve, e così via), ai quali assegnano un ruolo semi-divino e che in genere sono considerati esseri maligni o nel migliore dei casi dispettosi e pericolosi. Sebbene questi spiriti non siano venerati, spesso i Vatski li placano con doni ed offerte che lasciano in luoghi ad essi deputati (le rive di un lago o di un fiume, ai piedi di un albero, ecc.).
Fra le tribù semi-nomadi del settentrione non esiste un culto organizzato; ogni tribù, pur onorando il panteon nel suo complesso, riconosce a proprio patrono un singolo Immortale – solitamente uno dai tratti guerreschi – che viene anteposto agli altri e dal quale dipende il benessere della tribù; la maggior parte degli sciamani dei clan che fanno parte della tribù tende pertanto a venerare questo Immortale. Alcune tribù venerano Immortali ai quali altrove viene assegnato un taglio malefico o poco raccomandabile, come Marzanna (Hel) o Veles (Loki) – considerati anche sotto alcuni loro aspetti positivi, come la stregoneria per la prima, l’astuzia e l’inganno il secondo. Gli Immortali più seguiti sono comunque quelli legati alla guerra o ai guerrieri, come Perun
(Odino), Jarilo (Frey) e Svarog (Wayland), ma nessun Immortale del panteon è fuorilegge: gli uomini avranno bisogno dell’uno o dell’altro in un momento della loro esistenza, ed i Vatski non vogliono inimicarsene nessuno, offrendo anzi offerte ed onori a tutti.
Fra le tribù gli sciamani hanno tradizionalmente un grande potere, anche se non sono troppo amati; il clan riconosce che le decisioni del suo sciamano sono il frutto di un dialogo con la divinità, e che pertanto vanno rispettate, ma molti guerrieri non si convincono facilmente ad accettare il parere di uno sciamano e spesso sorgono difficoltà e liti fra i membri del vojnik e gli sciamani quando si arriva a trattare questioni importanti. Infine, come si è detto, gli sciamani della tribù hanno la possibilità di incidere pesantemente sull’elezione del knyaz tribale, favorendo un candidato con dimostrazioni del favore divino o causando il ritiro di un altro mostrando lo sfavore degli dei verso di esso.
Diversa è la situazione fra i Vatski stanziali del sud, dove, venendo meno la tribù, lo sciamano si è trasformato in una sorta di “sacerdote di villaggio”, e risiede in un piccolo tempio dedicato a qualche divinità vatski oppure cura un santuario o un luogo sacro adibito alla divinità. Non esiste un vero e proprio “clero”: chiunque può recarsi dal locale sacerdote e proporsi per essere istruito nelle vie del divino; è il sacerdote che, riuniti tutti i candidati una volta ogni tanto (in genere uno o più anni), ne sceglie uno o due da istruire. I sacerdoti solitamente non hanno molti contatti fra loro, ma si ritrovano in occasioni speciali presso un santuario o un luogo sacro di una divinità, per celebrare assieme i riti ad essa dedicati. Il sacerdote più anziano, più saggio o più potente fra loro in genere fa le veci di un “capo”, ma questo riconoscimento è soltanto di carattere formale ed occasionale. Nei villaggi più grossi si sono sviluppati veri e propri templi alla stregua di quelli che si trovano nelle terre civilizzate del sud; qui, uno o più sacerdoti con un gruppo di accoliti gestiscono il culto dell’Immortale al quale è dedicato il tempio. Al contrario dei boiari, i sacerdoti godono di buon seguito presso la popolazione, e per questo sono spesso visti come pericolosi avversari politici dai boiari – i quali tuttavia non possono fare a meno di rispettarne la persona e le parole, per timore della punizione divina.
Fin dai tempi antichi, i Vatski non hanno mai praticato molto la magia arcana, facendo piuttosto affidamento sugli incantesimi divini dei loro sacerdoti e sciamani. Nel corso dei secoli, probabilmente a causa di scontri ripetuti con popolazioni che della magia facevano più largo uso – quali forse gli Alphatiani o addirittura i Nithiani – i Vatski hanno maturato una certa avversione ed un giustificato timore verso i praticanti le arti arcane; fra le tribù semi-nomadi del nord, pochi guerrieri non estrarrebbero la spada sapendo di trovarsi di fronte ad un mago, uccidendolo prima che possa operare qualche magia o incantamento nefasto. Fra i Vatski sedentari del meridione questa avversione, avendo dovuto sperimentare il contatto coi popoli stranieri in epoca più moderna, in particolare
con gli Alphatiani, si è in qualche misura attenuata, e molti boiari hanno anzi compreso l’utilità della magia come strumento di potere e dominio, assumendo alla loro corte i servigi di maghi stranieri o tentando di imparare le arti arcane essi stessi. I sacerdoti vatski in genere oppongono questo interesse per le arti arcane, considerandolo una minaccia alla loro autorità sulle coscienze del popolo. D’altro canto, se da una parte i boiari si mostrano condiscendenti verso la magia arcana, i loro sudditi la considerano più o meno alla stregua dei loro simili più barbarici del nord: un mago che si presenti come tale in un villaggio vatski verrà evitato, guardato con sospetto e temuto – ogni villaggio o taverna nella quale si reca tirerà un sospiro di sollievo appena se ne sarà andato.
Un caso particolare fra i Vatski è rappresentato dagli individui col sangue draconico nelle vene; data la vicinanza delle terre abitate dai Vatski alla famigerata Catena dei Denti del Drago, patria di un numero considerevole di draghi, nel corso dei secoli si sono verificate unioni fra draghi in forma umana ed indigeni del luogo, che sono all’origine di un certo numero di individui dotati di sangue draconico e, come tali, di capacità arcane innate. Solitamente, quando un individuo comincia a manifestare simili poteri, viene espulso dal suo villaggio o dalla sua tribù; per il resto della sua vita, egli sarà considerato tabù ed impossibilitato a ricongiungersi coi suoi simili. Perlopiù questi individui solitari vagano fra un clan e l’altro proponendosi come indovini e profeti, oppure si ritirano nelle terre selvagge dove incrementano i loro poteri.